Il perchè di un convegno

Già nel 2002, pubblicando "Tabula rasa"[1], Steven Pinker spiegava come sia proprio la peculiare "qualità" della specie umana, fondata sull'attività fisiologica del cervello, a rendere possibile la libertà di scelta. In quell’opera Pinker affrontava temi "scomodi" come le differenze psicobiologiche fra uomini e donne o le componenti genetiche della violenza, dell'intelligenza e dei sentimenti. Con il conforto di dati storico-scientifici, cercava di dimostrare che un riconoscimento dell'identità dell'uomo come frutto di un'evoluzione biologica non è un'ipotesi socialmente pericolosa, ma può anzi essere l'indispensabile completamento delle grandi intuizioni che hanno avuto in passato l'arte e la filosofia.

 

Nel 2011 Lamberto Maffei, neuroscienziato già al CNR e alla Scuola Normale Superiore di Pisa, affermava che: Una domanda interessante per il neurobiologo è se determinate proprietà siano già presenti alla nascita, e quindi siano riferibili ai geni che sono alla base della costruzione di una determinata struttura cerebrale, o se siano frutto dell’esperienza… Sbrogliare l'intricata matassa di innato e acquisito risulta difficile anche a livello di altre proprietà dei neuroni o di più complicati circuiti nervosi. Il problema è naturalmente ancora più complesso quando la domanda concerne proprietà cerebrali che riguardano il comportamento umano. Per esempio molti autori si sono chiesti se la moralità o il senso di ciò che ci appare bello o brutto siano innati o acquisiti...[2]

 

Potrebbero dunque esistere tendenze o atteggiamenti pre-culturali "innati" comuni a tutta la specie umana? Potrebbero esserlo, ad esempio, molte forme di comunicazione non verbale, le espressioni linguistiche, l’appartenenza a un gruppo, la gerarchia, l’aggressività o l’altruismo, la divisione di ruoli tra maschi e femmine, la percezione del tempo? E’ ipotizzabile che alcuni aspetti delle culture si trasmettano attraverso mutazioni genetiche ereditarie? Il cervello funziona in modo diverso in ambienti culturali diversi e condiziona la percezione del mondo? Esistono automatismi che ne distorcono la percezione attraverso stereotipi consolidati? O in favore del proprio gruppo, rispetto a chi è “altro”?

 

Si tratta di temi aperti e controversi, ma molto importanti per chi si occupa di diversità culturali e comportamenti umani, e vorrebbe favorire quei processi che possono aiutare la convivenza e la comprensione reciproca in società sempre più multiculturali.

 

Perciò la Fondazione Intercultura ha proposto un convegno internazionale per fare il punto su quanto oggi si ipotizza su questi argomenti, a Firenze dal 4 al 6 aprile 2019.

I convegni della Fondazione (l’ultimo, a Bari nel 2017, è stato dedicato al sacro nelle tradizioni culturali: www.silenziodelsacro.it) riuniscono alcuni tra i maggiori esperti di un settore, perché conducano seminari paralleli in dialogo con interculturalisti di varia provenienza: soprattutto insegnanti o volontari che vivono l'interculturalità sul terreno della scuola o degli scambi internazionali di studenti. Da questi confronti nascono colloqui interessanti e proficui tra specialisti e "praticanti".

 



[1] The Blank Slate: The Modern Denial of Human Nature (2002) by Steven Pinker, in which Pinker makes a case against tabula rasa models in the social sciences, arguing that human behavior is substantially shaped by evolutionary psychological adaptations.

[2] alla pag. 73 del volume "La libertà di essere diversi", ed. Il Mulino 2011